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The stream of the Arkage

6+1 esempi di comunicazione post-digital

Picture of Cristina Rufini

di Cristina Rufini

29 marzo 2017

post-digital

Ammettiamolo: anche se di post-digital si parla sempre di più, non tutti hanno perfettamente chiaro cosa sia, e tanto meno cosa sia la comunicazione post-digital. Cerchiamo di spiegarlo meglio con qualche esempio pratico.

Sappiamo che nell’era post-digital cade la distinzione tra digitale e fisico, ma fatichiamo a tradurlo in concreto. È normale che questo accada con i nuovi trend, ma attenzione: il post-digital non è nuovo e non è un trend. Non si tratta di un’onda che arriverà e a cui dobbiamo prepararci. È qualcosa che è già arrivato e in cui siamo immersi fino al collo. Niente ansia, però: il lato positivo è che esistono già molti esempi di comunicazione e marketing post-digital nel mondo.

Studiarli un po’ ci aiuterà a capire meglio di cosa stiamo parlando e della direzione in cui ci stiamo muovendo.

 

Disney Magic Band

Il mondo fisico è fatto di luoghi e di esperienze. E ci sono pochi luoghi tanto amati e desiderati quanto i parchi Disney. Premio agognato dei bambini di tutto il mondo - ma anche sogno nel cassetto di molti adulti - le visite a Disneyland Paris, Walt Disney World o, per gli amanti del continente asiatico, Tokyo Disneyland.

Nel 2015 la Walt Disney Parks and Resorts Worldwide ha totalizzato oltre 137 milioni di presenze, confermandosi il behemoth dell’intrattenimento mondiale.

Com’è possibile rendere l’esperienza dei parchi Disney ancora migliore? Con il post-digital.

L’innovazione inizia nel 2008, con un progetto ambizioso chiamato Magic Band. L’iniziativa – in cui la Disney ha investito 1 miliardo di dollari – punta a trasformare completamente l’esperienza di visita dei parchi, collegando il momento fisico della visita e quello digitale.

Magic Band è un braccialetto – per ora disponibile solo presso Walt Disney World – che viene spedito a casa in una gustosa confezione personalizzata e funziona da biglietto d’ingresso. Permette di conservare i mitologici FastPass e di fruire di promozioni collegate al proprio account. Può essere usato per ogni tipo di pagamento all’interno del parco e funziona da tracking device (per la gioia dei genitori). Non solo: il Magic Band trasforma anche l’esperienza tradizionale delle foto scattate dai fotografi all’interno del parco, quelle che una volta si trovavano appena fuori dall’attrazione: grazie al Magic Band è possibile ritrovare e acquistare le proprie foto online, anche dopo la visita, con calma.

 

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Questa tecnologia permette inoltre a Disney di avere analytics sul comportamento degli utenti in modo da migliorare l’esperienza del Parco e offrire promozioni ad hoc.

 

» Perché ci piace?

L’unico modo di rendere la visita parchi tematici Disney ancora più magica era quella di “contaminarla” con un esperienza post-digital fondendo momenti fisici e digitali. Per dirla con le parole di Thomas O’ Staggs, ex Amministratore Delegato Disney:

“Any sufficiently advanced technology is indistinguishable from magic. That’s how we think of it. If we can get out of the way, our guests can create more memories.”

 

 

 

 

Under Armour Health Box

Per capire come un brand possa beneficiare del post-digital, basta guardare il caso di Under Armour, il marchio americano di indumenti sportivi che in pochi anni è arrivato a controllare il 75% del mercato dell’abbigliamento per il football e ad essere classificato al sesto posto tra le aziende più innovative del 2016.

La brand promise di Under Armour è “Make Athletes Better”: per mantenerla nell’era post-digital, UA ha sviluppato una serie di strumenti e piattaforme tecnologiche pensate per tracciare e migliorare le performance degli atleti, e li ha riuniti nella Health Box. È una scatola, in vendita anche in Italia, che contiene un braccialetto contapassi che misura anche la qualità del sonno, una bilancia smart e un misuratore di battito cardiaco.

 

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Ma HealtBox non è soltanto questo, è un ecosistema tecnologico che rende Under Armour presente in tutti i momenti della vita sportiva dell’utente, non solo in quello dell’allenamento vero e proprio. Il business dei wearable non è strettamente legato al mondo dello sport ma riguarda in generale la salute della popolazione e vede coinvolti anche altri grandi nomi, tra cui Nike e Apple.

Un percorso che non è propriamente iniziato oggi ma nel 2011, durante il campionato NFL in cui Under Armour ha deciso di monitorare le funzioni di ogni partecipante. Durante quell’esperimento i dati come battito cardiaco, accelerazione e respirazione potevano essere acquisiti grazie ad un chip presente sulla maglia degli atleti.


» Perché ci piace?

Under Armour, a differenza dei suoi competitor, non ha adattato il suo brand al post-digital, ma ha improntato tutta la sua strategia in questa direzione.

 

 

 

TESCO e la spesa post-digital

L’idea vincente, come spesso accade, è nata da un momento di crisi. Più precisamente nel 2011, quando le vendite di Tesco, il gigante del retail, sono crollate in Asia a causa di una serie di fattori contingenti. Uno su tutti: la mancanza di tempo materiale per fare la spesa causato da uno stile di vita troppo frenetico.

Tesco ha trasformato questa criticità in opportunità lanciando nel 2011 a Seul il suo primo negozio virtuale.

 

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I negozi virtuali, allestiti in spazi pubblici (il più delle volte metropolitane o aree ad alto traffico pedonale) si basano su una meccanica semplicissima, che funziona alla grande. I clienti in possesso dell’App Homeplus possono scansionare i QR Code dei prodotti che vogliono acquistare direttamente da manifesti progettati per assomigliare a corridoi reali e scaffali di un normale negozio di Tesco, rendendo l'esperienza molto user-friendly. I prodotti scansionati vengono memorizzati nel carrello di acquisto online dei clienti, che pagano una volta che il loro ordine è completo.

Dai dati Homeplus emerge che la maggior parte degli ordini vengono effettuati quando le persone si trovano in viaggio da e verso il lavoro.

Il negozio virtuale ha riscosso un enorme successo tra i pendolari e ha portato a oltre 900.000 download di App in meno di un anno, rendendo Homeplus l’applicazione ‘branded’ più popolare in Corea del Sud.

 

» Perché ci piace?

Questa soluzione è un perfetto esempio di customer-based marketing che ha tenuto conto dei micro-momenti degli utenti, sviluppando nuove opportunità d’interazione con i prodotti e annullando la distinzione tra marketing digitale e fisico.

 

 

Dulux: interior designer PER TUTTI

La società internazionale di pittura architettonica è partita da un’esigenza pratica dei suoi consumatori: una grande fetta di proprietari di casa ha bisogno di aiuto per creare o trasformare la propria abitazione ma non può permettersi un designer di interni.

Così è nata Amazing Space, un’app che con un semplice questionario chiede ai consumatori di selezionare tra una serie di immagini per determinare gusti e budget.

 

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Un Dulux Design Expert analizza gli input ricevuti fornendo al cliente una guida affine alle sue esigenze, per poi discuterla insieme a lui nel corso di una consultazione video di 30 minuti. Tra gli altri servizi offerti c’è poi una sintesi della trasformazione della stanza dalla fase di avvio a quella di fine dei lavori, un rendering 3D e una lista di shopping interattivo.

 

» Perché ci piace?

Operazione che apre a tutti la possibilità di avere accesso a servizi fino ad ora riservati a un pubblico selezionato. In questo modo scardina - grazie al digital - un preconcetto del settore.

 

Post-digital on the road con Volvo 

Volvo sta lavorando a “concept 26”, un enorme schermo video installato sul cruscotto lato passeggero che permette la visione di film o serie tv su Netflix. Fino a qui (quasi) niente di nuovo, ma c’è molto di più.

 

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Lo schermo sarà installato su auto a guida autonoma che calcolerà il tempo di percorrenza dell’utente dal momento della partenza a quello dell’arrivo e permetteranno all'utente la visione dei contenuti in totale sicurezza e tranquillità. La collaborazione con Ericsson garantirà una copertura di rete costante, evitando così fastidiosi buffering o zone morte.

 

» Perché ci piace?

Il sistema è modellato sui momenti d’uso reali: è in grado di dare “consigli” all’utente sul contenuto da fruire. Meglio una puntata di “House of Cards” o di “Modern Family”? Dipende dal tempo di percorrenza!


 

Gatorade SmartCup

Altro momento di crisi, altra soluzione squisitamente post-digital che segna un momento di svolta. Questa volta parliamo di Gatorade e di come il brand ha fronteggiato le difficoltà dovute all’affermarsi di una serie di nuovi importanti competitors.

L’unità di digital innovation dell’azienda, costituita nel 2014, si mette al lavoro e ha l’’idea perfetta: rivoluzionare le bottiglie con un tappo ‘intelligente’, denominato SmartCap.

 

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Lo SmartCap è collegato a un cerotto con un chip che si posiziona a contatto con la pelle e trasmette dati ad un’app installata sullo smartphone. Il sistema calcola quanto si suda durante l’attività fisica, quanto sodio si perde, e quanto debba bere l’utente per mantenere prestazioni ottimali. Ogni bottiglia è riempita attraverso le sostanze presenti nel tappo con la formulazione di sali minerali adatta all’attività svolta e alle caratteristiche fisiologiche misurate. Un microchip e una piccola turbina nel beccuccio misurano quanto si beve con ogni sorso mentre gli indicatori LED sul tappo servono a tenere d’occhio gli obiettivi per mantenersi idratati.

 

» Perché ci piace?

Quest’idea rivoluziona in modo semplice l’abitudine di idratarsi mentre si fa attività fisica.

C’è una bella differenza tra le necessità di un atleta professionista e quelle di un corridore della domenica: la SmartCap di Gatorade aiuta l’utente a fare le scelte giuste.


 

Un nostro case post-digital PER UBER

Nel 2015, in concomitanza con la discussione delle Camere sulle licenze NCC, Uber Italy aveva l’esigenza di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema delle liberalizzazioni. L’azienda ci ha coinvolto nell’ideazione di una strategia creativa che allargasse il più possibile il pubblico dell’operazione.

Abbiamo ideato una strategia creativa basata sull’interazione tra mondo fisico e digitale, tra comunicazione e prodotto: Linea U, un esperimento di mobilità partecipativa che invitava i romani a suggerire e costruire una nuova linea ideale di metropolitana. In una prima fase teaser - supportata da seeding su canali social e digital PR,  finti operai sono stati visti “al lavoro” per le strade di Roma, mentre materiale cartaceo sulla Linea U e un formato takeover sull’edizione romana di Metro rimandavano il pubblico al sito unbranded www.linea-u.it. Gli utenti hanno potuto creare e condividere la propria linea ideale scegliendo tra centinaia di fermate. 

 

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Dopo qualche giorno è stato rivelato come dietro alla misteriosa operazione ci fosse in realtà Uber Italy, che ha lavorato concretamente alla realizzazione del progetto e che in base alle preferenze degli utenti ha servito la città con la nuova Linea U dal 10 al 24 dicembre.

 

» Perché ci piace?

Linea U è uno dei primi casi di post-digital made in Italy: coinvolgendo gli utenti direttamente, sui canali fisici e digitali, è stato creato un nuovo prodotto adeguato alle loro esigenze.

 

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Cristina Rufini

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