La bomba è esplosa circa un anno fa: Marc Pritchard, Chief Brand Officer di P&G, sul palco dell'annual meeting dello IAB, ha detto basta all'attuale "media supply chain". Ovvero basta adfraud, basta problemi di viewability, basta misurazioni incoerenti e basta fee d'agenzia calcolati con metodi obsoleti.
In una frase:
"We don’t want to waste time and money on a crappy media supply chain anymore."
Non solo, Mr. Pritchard ha aggiunto che vuole risparmiare perché sa che non sta pagando il giusto prezzo.
Quest'uomo gestisce più o meno direttamente qualcosa come 7 miliardi di investimenti in advertising all'anno, più o meno quanto l'intero mercato Italia. È evidente quindi perché quando parla di 'saving' l'intera industry lo stia a sentire.
Se vi va, potete anche guardarvi lo speech completo di Marc Pritchard.
Perché Marc Pritchard vuole risparmiare?
Per migliorare l'advertising. E una pubblicità migliore significa una pubblicità che ha un impatto sulla crescita del business.
Questo permette di ripulire la supply chain: serve, in una parola "trasparenza".
La trasparenza su tutta la filiera dell'acquisto di spazi media significa prendere atto che, per com'è fatta adesso, le intermediazioni sono troppe. Guardate un esempio della filiera del programmatic qui sotto:
Si tratta di 7 passaggi dal cliente all'editore passando per intermediazioni umane (agenzia) e tecnologiche (piattaforme di vario genere). Tutto questo non solo presta il fianco a possibili frodi informatiche, ma addirittura contribuisce a rendere oscuro il lavoro di un'agenzia.
Ma se c'è la tecnologia a cosa serve l'agenzia? Numerose aziende ormai comprano direttamente advertising su Google e Facebook perché hanno acquisito internamente le skill necessarie a farlo bene.
Se proprio è necessario avere un supporto da parte dell'agenzia per l'acquisto media, che almeno sia chiaro il modello di retribuzione, magari ad FTE come sta facendo Deutsche Telekom.
Il colosso tedesco ha scorporato la strategia che viene gestita internamente dal lavoro di buying che viene spacchettato con un modello ibrido: le campagne sono gestiti da un'agenzia dedicata, il programmatic assieme a Facebook e Google da un team interno.
Gli analytics sono invece seguiti da una terza parte (che nulla ha a che vedere con chi compra il media) per mantenere una certa imparzialità di giudizio.
Il nuovo modello si potrebbe applicare subito e avrebbe un impatto su tutta la filiera: editori, agenzie e piattaforme tecnologiche (adtech).
E all'orizzonte si può perfino intuire come una delle tecnologie del momento, la blockchain, potrebbe aiutarci a risolvere alcuni problemi apparentemente irrisolvibili:
– ripulire la filiera riguardo a fee e rebate;
– rendere trasparenti gli accordi di trading;
– ridurre al minimo i livelli di intermediazione (perché si possono automatizzare con gli smart contract);
– azzerare adfraud e placement perché ogni impression (o click) potrebbe essere certificato
Lo schema qui sotto di Thomson Reuters spiega il funzionamento della blockchain: se invece di una valuta monetaria immaginiamo lo scambio di una valuta pubblicitaria (click o impression online), il gioco è fatto.
Le grandi opportunità sono 3:
(1) aggiornare le metriche delle attività di comunicazione in ottica omnichannel e indipendente dal singolo mezzo, per valutare i benefici di business (che includono almeno brand awareness e sales) che si riesce a generare per l'azienda;
(2) migliorare la customer experience degli utenti attraverso iniziative e contenuti di qualità e recuperare la fiducia del pubblico nell'ecosistema dell'advertising;
(3) ottimizzare la filiera del media migliorando le relazioni tra i vari player e rendendo più chiaro il perimetro di ciascuno, anche magari grazie a regolamentazioni di legge, soprattutto per compensare lo sbilanciamento verso gli over-the-top.
Il futuro è roseo, purché tutti, a partire dalle Agenzie, siano disposti ad accettare una maggiore trasparenza di tutta la filiera.
E non scordiamoci l'obiettivo finale: migliorare la qualità dell'advertising online. Che costi il giusto e faccia crescere il business dell'azienda.