McKinsey teorizza che nei prossimi 10 anni, per via della crescita esponenziale delle tecnologie digitali, circa la metà delle tipologie di lavoro conosciute oggi saranno automatizzate e che, gran parte di esse, diverranno obsolete e saranno sostituite da nuove professioni. La trasformazione digitale dunque, non distruggerà l’universo del lavoro, ma ne trasformerà le modalità.
Il 21 Luglio parteciperemo a una tavola rotonda virtuale dal titolo: "Umanesimo Digitale: strumenti, tecnologie e approcci della trasformazione digitale", un webinar organizzato da una nuova amica, che speriamo rimanga tale a lungo e anzi lo diventi ancora di più, l'italianissima azienda techie Interlogica (se il 21 luglio avete un paio d'ore libere, join us 👍).
Perché partecipiamo?
L'evoluzione, più che la trasformazione, digitale è, intanto, uno dei nostri pilastri in qualità di
B Corp: va da sé dunque che ci prema trasferire la nostra visione di questo concetto.
L'integrazione delle varie figure professionali in un flusso sempre più inclusivo è un altro dei temi su cui stiamo iniziando ad investire molte energie e, dunque, diciamo la nostra volentieri ma, soprattutto, ascoltiamo, con enorme curiosità. L’ambito HR, infatti, è uno di quelli che se da un lato ha subito forti spinte propulsive a livello tecnologico, dall'altro richiede una spiccata evoluzione culturale, di processo e organizzativa a tutti i livelli.
Non possiamo lasciare nessuno indietro ma, nel contempo, non possiamo neppure restare indietro per coloro che non vogliono seguire questa evoluzione.
È sulla base di quest'ultimo concetto che ritengo sia cruciale lavorare con passione, impegno e dedizione nel considerare la cultura aziendale come il perno pivotale del cambiamento.
La cultura aziendale come pivot
Pare che, secondo la leggenda, Archimede abbia detto: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo.” Io la parafraserei:
Create una vera cultura aziendale e farete avanzare il vostro business
In generale ritengo che non si dovrebbe mai ignorare alcun cambiamento, negativo o positivo che sia, perché, di fatto, qualsiasi evento, è sempre generato da un attivatore. Opporre resistenza a un cambiamento è opporsi a una catena di variabili (episodi, eventi, situazioni) che ne hanno determinato la genesi. E il rischio di ritrovarsi impreparati, inadeguati o finanche arretrati, è concreto.
D'altra parte però, non tutti gli elementi di una squadra, di un team di qualsiasi dimensione vogliate, sono necessariamente pronti a reagire, ad evolvere, a cambiare. I motivi possono essere molteplici e disparati, a volte anche condivisibili o quantomeno comprensibili, altre volte... meno.
Ma non possiamo imporre il cambiamento. L'evoluzione non può e non dovrebbe mai essere un processo forzato. Possiamo continuare a cercare di innovare, di cambiare. Immaginiamolo come un processo di semina: se non prepariamo il terreno, in taluni casi i semi che spargiamo difficilmente germoglieranno e, anzi, probabilmente sottrarranno energia positiva al resto della terra invece fertile.
Ecco perché sono fermamente convinto che la cultura aziendale sia cruciale: è vitale infondere tutto il team di uno spirito di cooperazione, di collaborazione, di stimolo al miglioramento.
Qualsiasi cosa ciascuno di noi faccia, conta sempre. Per tutti. Ovunque. E, se in azienda, allora conta per tutta l'azienda.
Se riusciamo a far capire a ogni singolo ingranaggio che, a prescindere dalla propria dimensione, la sua presenza è fondamentale per l'intera macchina, allora, ciascuno darà sempre il massimo e sarà sempre spinto a dare il proprio contributo.
Innovazione è, se è sostenibile: umanesimo digitale
Come valutiamo se un tool, un software è effettivamente innovativo? Credo che "innovativo" sia e debba rimanere un concetto soggettivo, calato sull'azienda. Non credo nei report sui trend come "bibbia" e lista del "must-have". Se ci pensiamo, i famigerati e criticati google glasses hanno, di fatto, dato spunto alle Hololens di Microsoft che per certo sono più cool, più facili da usare. Ma sono innovative per chiunque, per qualsiasi dimensione di azienda o tipologia di business?
Per introdurre un nuovo tool, una nuova tecnologia o sviluppare un nuovo processo, mi faccio sempre 3 domande:
1. È accessibile? Ovvero, devi essere Sheldon Cooper per utilizzarlo, o basta un QI normale?
2. È sostenibile? Da un punto di vista economico, di usabilità, di facilità di apprendimento, etc.
3. È replicabile? Nel senso dei risultati ottenibili: riesco a ottenere dei risultati ogni volta oppure il processo non è congruente?
Se le risposte sono valide allora, secondo me, il tool, il processo, il software che siano, sono effettivamente Innovativi ed ha senso introdurli nella logica di estensione della cultura aziendale. Ha senso perché offre effettivamente un augmented experience a tutto il team o a quelli del team che ne faranno uso.
Per trasformare le modalità del lavoro quindi, ritengo sarà fondamentale per prima cosa, trasformare la cultura aziendale.
Renderla fertile, porosa come il terreno in cui seminare e pronta ad accogliere le novità con la giusta curiosità e voglia di migliorare e cambiare l'azienda per cui, ciascuno dà un contributo concreto.