Ignorare i dati dei propri clienti o lasciarli nel dimenticatoio è uno spreco che nessun brand può più permettersi: si tratta infatti di un’autentica miniera d’oro in grado di contribuire a incrementare significativamente il ROI del marketing. La condizione, però, è che si disponga di una figura capace di scavare e trovare gli insight giusti per guidare tutto il processo di decision making finale. Quella figura si chiama Data Scientist, esemplare di una nuova razza di esperti analisti di dati che hanno le competenze tecniche per risolvere problemi complessi.
Chi è il Data Scientist
I Data Scientist sono in parte matematici e in parte programmatori; nell’era dei big data in cui viviamo, sono ormai indispensabili per estrarre da enormi masse di dati non strutturati e disaggregati informazioni utili per migliorare concretamente le performance del proprio business. Molti Data Scientist nascono come statistici o analisti di formazione accademica. Poi, con l’ascesa delle nuove tecnologie per il data storage, il mestiere si è progressivamente evoluto, anche grazie a tecniche sempre più avanzate come il machine learning e l’intelligenza artificiale. Oggi il loro contributo è essenziale per tradurre l’infinita mole di informazioni di cui si dispone in veri e propri guadagni finali.
Cosa fa il Data Scientist
Generalmente si associa alla figura del Data Scientist la capacità di predire il futuro, ovvero di trarre dai comportamenti passati del pubblico preziose indicazioni per indirizzare le iniziative commerciali e ottimizzare le prossime campagne di marketing. Ma spesso ci sono applicazioni ugualmente utili e fruttuose che non richiedono chissà quali abilità da Nostradamus. Ad esempio,
i Data Scientist possono aiutare un'azienda a identificare meglio la propria clientela
intercettandola o fidelizzandola con messaggi più adeguati e performanti, oppure possono contribuire a far ripensare le strategie di lancio e sviluppo dei prodotti sulla base delle sensibilità e degli interessi dimostrati dagli utenti (data-driven).
Tutto, comunque, nasce sempre da una prima azione fondamentale, forse la più importante e decisiva fra le attività del Data Scientist: la segmentazione del target di riferimento di un brand. Le scelte e le preferenze dei clienti, potenziali o effettivi che siano, non sono infatti mai uniformi per via di molte e svariate ragioni (estrazione sociale, valori, gusti, contesto culturale, capacità economiche, etc.). Solitamente, anzi, è solo una piccola minoranza della clientela a essere responsabile della maggior parte dei profitti di un marchio. Proprio l'identificazione da parte del Data Scientist di questi segmenti più redditizi consente di concentrare gli sforzi principali su specifiche azioni mirate e targettizzate, diminuendo i costi e massimizzando i profitti. Ma non solo, perché la stessa attività di segmentazione può rivelare anche chi siano i clienti meno ingaggiati e come fare per conquistarli attraverso prodotti, servizi o messaggi tarati sui loro needs e le loro ambizioni.
Un altro esempio significativo dell’apporto del Data Scientist è quello sulla scelta del prezzo (di un prodotto, di una donazione, di un servizio, etc.). Perché perdere soldi riducendo indistintamente i prezzi se alcuni clienti non sono influenzati dall’eventualità di un costo più elevato? Acquisendo una conoscenza approfondita delle motivazioni dei clienti e misurando quanto sono disposti a spendere, è possibile sviluppare le strategie di prezzo più efficaci per ognuno di loro, evitando di perdere possibili guadagni per eccesso di cautela.
Capire in anticipo a quali consumatori rivolgersi e con che tipo di comunicazione e linguaggio è l’arma vincente del marketing odierno. Una rivoluzione che riusciranno a capitalizzare solo i brand che sapranno abbinare ai pubblici giusti i giusti messaggi, avvicinando la data science al pensiero creativo e trasformando gli insight dei Data Scientist nelle creatività più performanti.