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The stream of the Arkage

L’impatto della Generazione Z sul content marketing

Picture of Gabriele Dusi

di Gabriele Dusi

28 agosto 2019

generazione Z

Generazione Z: è così che vengono definiti i nativi digitali della nostra epoca. Classe 1995-2010: sono i giovani e i giovanissimi cresciuti a pane e social network, e che anno dopo anno incrementano il proprio potere di acquisto. Per i marketer comunicare con loro rappresenta una sfida del tutto nuova: si tratta di una audience abituata a guardare oltre e che non si accontenta affatto delle belle parole. 

 

Abitudini e tratti distintivi: chi è la Gen Z

 

Con Internet fra le mani sin dai primi mesi di vita, la Gen Z trascorre due terzi del proprio tempo libero online. Naviga per il 75% da smartphone e ha una soglia di attenzione bassissima: 8 secondi (fonte: IBM Institute for business value). Guarda Netflix il doppio del tempo rispetto alla TV, preferisce ascoltare musica in digitale piuttosto che possedere un album ed è costantemente in chat, esprimendosi con meme ed emoji di ogni tipo e utilizzando uno slang diretto e pungente. La padronanza di ritmi e terminologie web l’ha resa inoltre refrattaria ai canoni pubblicitari tradizionali (adv, banner, etc), percepito come buzz e quindi automaticamente ignorato. 

 

È inoltre un pubblico estremamente gender fluid, sensibile a macro topic contemporanei come autenticità, inclusione sociale e cura dell’ambiente, assolutamente fedele ai valori delle community cui appartiene.

Do’s and don’ts: comunicare con la Gen Z

 

Come può allora un brand comunicare efficacemente con consumers che non ti dedicano più di qualche secondo, che parlano un gergo in continua evoluzione e che non prendono minimamente in considerazione nessuna delle tecniche di marketing tradizionali? Certo non provando a “scimmiottare” il loro linguaggio come ha fatto Gucci nella campagna TFW: una serie di meme a tema classico reinterpretati da un collettivo di artisti in chiave fashion con gli orologi della maison. Il risultato è stato senz’altro coerente con le linee guida del marchio, ma incomprensibile per il target di destinazione, avvezzo a ben altro tipo di immediatezza del messaggio, spesso in bilico tra il tormentone e un’ironia quasi no sense.

 

 

L’importanza dei brand values: ingaggiare la Gen Z

 

Per agganciare la Generazione Z un modo esiste: allineare la brand image a precisi valori identitari e raccontarli in modo chiaro e coerente. Parliamo di prendere posizione in merito a grandi sfide come il rispetto per l’altro, la parità di genere, i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Con una avvertenza: gli young users non premiano i brand values in quanto tali, ma le emozioni che sono in grado di trasmettere attraverso un buono storytelling di essi. 

 

È il caso di Heineken, che per promuovere la sicurezza in strada e i propri principi di responsabilità si è spinta fino a invitare a NON fare uso del proprio prodotto in un noto spot televisivo. Un ossimoro solo apparente, che ha prodotto in realtà benefici di awareness impressionanti, anche grazie a una regia sontuosa e alla presenza dello storico campione di Formula 1 Jackie Stewart. 

 

 

Sempre in campo brassicolo, Corona ha puntato su una delle battaglie più ardue dei nostri tempi: liberare i mari dalla plastica. Protect Paradise, in collaborazione con Parley for the Oceans, è l’iniziativa che associa una delle birre più amate dai teenager al concetto di Plastic Free in un modo molto concreto. Tra le operazioni attivate, anche un packaging esclusivo che, una volta acquistato, consente a un pezzo di spiaggia di essere ripulita. Solo in Italia sono state messe in commercio 412mila confezioni, corrispondenti ad altrettanti metri quadrati di litorale da bonificare.

 

 

Le nuove piattaforme: raggiungere la Gen Z

 

L’ecosistema digitale della Gen Z può sembrare una giungla. YouTube, Instagram, ma anche e soprattutto Twitch, Reddit, TikTok, Discord: tutti luoghi di entertainment e broadcasting che offrono molte possibilità di contenuti per un brand. Su Twitch esistono influencer che fanno insight da capogiro, su TikTok un video brandizzato ben concepito può raggiungere vette di views esorbitanti. Basti pensare alla #BigMacTikTok Challenge di McDonald’s, che ha raggiunto più di 5 milioni di utenti grazie a una comunicazione che parla perfettamente la loro lingua. 

 

 

A osservarle bene, è facile notare come tutte o quasi queste nuove piattaforme abbiano in comune un aspetto: sono legate al mondo del gaming. Twitch è la principale piattaforma di streaming di gameplay sul mercato, Discord un aggregatore di community verticali sui singoli giochi, Reddit l’ambiente prediletto dalle software house per raccogliere feedback sulle loro produzioni. Un settore, quello dei videogiochi, pieno di opportunità per le aziende che vogliono avvicinarsi a questa generazione. Che costituisce un’area di business decisamente florida nel ramo eSports, in costante crescita ovunque nel mondo (si stima che entro il 2020 il suo pubblico supererà i 600 milioni di persone, principalmente Millennials e Gen Z) e dal potenziale elevatissimo anche in Italia, sebbene ancora inesplorato. 

 

Un motivo in più per cominciare a sondare il terreno, come abbiamo fatto noi di Arkage.

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Gabriele Dusi

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