Avevamo iniziato a parlare di Blockchain cercando soprattutto di smitizzare il suo "effetto Bitcoin", ovvero la tendenza a considerarla esclusivamente un modo per fare soldi, sottovalutandone di contro la caratteristica più importante: quella di rendere i mercati sicuri, trasparenti e realmente efficienti.
In un momento in cui grandi colossi (Facebook) cercano l'appoggio di loro pari (PayPal, Mastercard e Visa, fra gli altri) per lanciare nuove cripto-valute proprietarie (Libra), questo effetto Bitcoin sembra destinato a essere ulteriormente evidenziato. Ma un social network che diventa una banca di criptovalute, fondando una propria blockchain e proponendo soluzioni per aiutare gli utenti a gestire transazioni all'interno delle cerchie social, apre più che altro a numerosi quesiti etici riguardanti, per esempio, il controllo dei dati e le regole di gestione dei singoli nodi della catena.
Verso una Blockchain più inclusiva
Come B-Corp, temi come quelli della trasparenza, dell'inclusività, del rispetto dell'esperienza degli utenti (in questo caso, parliamo di gestione dei dati riservati), sono per noi fondamentali. Così come guardare oltre gli usi più diffusi di una tecnologia, in quanto realtà alla costante ricerca di innovazione.
È dunque normale che la nostra attenzione sia rivolta in questo momento alle attività di Ethereum, al lavoro su un cambio di paradigma radicale della Blockchain. La nota piattaforma del Web 3.0 sta cercando di implementare in modo stabile il protocollo di assegnazione del consenso distribuito denominato Proof of Stake. E quando riuscirà nel suo intento, saranno molti i risvolti etici che subiranno una vera e propria rivoluzione. Ma andiamo con ordine.
Dal Proof of Work al Proof of Stake: dalla legge del più forte a quella del Caos
Oggi l'intera catena di assegnazione del consenso è basata sul metodo del Proof of Work, che possiamo sintetizzare con l'ausilio di una citazione "abbastanza" famosa: «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto», ovvero chi ha la potenza di calcolo maggiore vince tutto, aggiudicandosi il nodo della chain e guadagnando un premio economico.
In un'epoca in cui dovremmo puntare all'inclusione, con il concetto di Blockchain nato come soluzione per la decentralizzazione, pensare che il sistema si basi sul “chi ce l'ha più grosso” crea almeno qualche dubbio: ha senso lasciare che chi ha più forza contrattuale riesca a controllare un network basato sullo svincolo da un singolo potere?
Il Proof of Stake che sta sviluppando Ethereum prova a risolvere proprio questo problema grazie a un algoritmo, Casper, che delega la creazione di un “forgiatore” ad assegnazioni casuali, eliminando così il carico richiesto dal PoW e il problema di "egemonia dei potenti".
There is no priority scheme for getting inducted into the validator pool itself; anyone can join in any round they want, irrespective of the number of other joiners. (Vitalik Buterin, Ethereum founder)
Il modello, così impostato, risulterebbe tra l'altro anche molto più sicuro: potendo ciascun computer candidarsi a essere il forgiatore del nuovo blocco, l'estensione della rete diverrebbe infatti tale da rendere del tutto antieconomico un attacco hacker, possibile soltanto con uno sforzo superiore a qualsiasi furto di dati mai realizzabile.
Insomma, se da un lato Facebook spinge verso un'espansione dei propri servizi (che, per certo, offriranno vantaggi per tutti gli utenti) lavorando però su una versione "chiusa" e con regole proprietarie (e quindi del tutto arbitrarie) di generazione dei blocchi e dei dati che in essi verranno inseriti, dall'altro ci sono gli storici “creatori” della Blockchain, impegnati a trovare una soluzione alla generazione del consenso che sia più sostenibile e inclusiva.
In ambo gli scenari, l'obiettivo principale è ovviamente il guadagno, ma come futuri, probabili utilizzatori, noi B-Corp non possiamo che augurarci di sfruttare il prima possibile i vantaggi di un meccanismo PoS nei nostri progetti! ;)