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3 cose che puoi fare subito se la tua campagna va proprio male

Picture of Andrea Ciulu

di Andrea Ciulu

15 novembre 2017

advertising marketing data strategy

Diciamo la verità, ci siamo passati più o meno tutti: la campagna che proprio non va. Quella che, nonostante le riunioni e le nottate, le review e le pacche sulle spalle, si schianta per terra come un piccione che ha perso l’orientamento. Un #epicfail, in alcuni casi, in altri un fail più moderato, meno lampante, ma comunque deludente.

Ok, niente panico. Anche se i CTR sono prossimi allo zero e un click ha costi da boutique, ci sono 3 possibili soluzioni da applicare subito, perché la disfatta bruci un po’ meno.

1. Dare la colpa all’agenzia

 

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Sono stati loro. Sempre a mettere foto su Instagram, mai sul pezzo. Sfaticati, con la testa tra le nuvole e i piedi sul tavolo. Lo dicevo io che l’immagine non si capiva. Si credono Bill Bernbach e poi guarda qua che risultati. Non si scappa: l’agenzia in questo momento di lamenti è un bersaglio grande e facile. Perché dopotutto ha curato l’ultimo miglio della comunicazione, ed è la più vicina alle spine del fallimento. Colpirla può dare sollievo, ma solo transitorio.

2. Dare la colpa al cliente

 

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Ci hanno tarpato le ali. La campagna era poco coraggiosa, troppo di marketing. Hanno voluto la foto del tizio di stock con la giacca troppo grande. Hanno chiesto la headline due volte più lunga, praticamente un sonetto. Vogliono andare sul sicuro e poi guarda qua che risultati. Se l’agenzia è un bersaglio facile per il cliente, lo stesso si può dire del cliente per l’agenzia. Perché la campagna era comunque bella, bellissima. Se è andata male, la colpa è da un’altra parte.

 

3. Guardare i dati (e dare la colpa a loro)

Questo battibecco tra agenzia e cliente, che a qualcuno potrebbe suonare tristemente familiare, è abbastanza inutile. Non solo perché ci guastiamo tutti il fegato, ma perché nel frattempo i veri responsabili stanno altrove: sono i dati che non abbiamo ancora analizzato. Eppure è proprio lì che potremmo trovare il conforto che cerchiamo, trasformando un fallimento nella proverbiale occasione di imparare qualcosa. I dati possono dirci molto, a patto di analizzarli insieme, agenzia e cliente. 

 

In primo luogo, guardiamo i dati relativi al tracciamento della campagna. Insomma, la scatola nera. È fondamentale per capire cosa non ha funzionato ed evitare di ripeterlo:

analizziamo quali sono stati i punti più critici: pochi clic? poche conversioni? clic verso i link sbagliati? 
capiamo se possiamo migliorare qualcosa con dei test paralleli: spesso bastano piccoli aggiustamenti per produrre differenze notevoli nei risultati;
condividiamo più dati possibili con il team dell'agenzia e del cliente: lavorare in modo coordinato ci permette di arrivare prima alla soluzione;
organizziamo riunioni di 'brain storming' per trovare soluzioni creative: perché alla fine i dati ci dicono molto, ma non tirano fuori le idee. Insomma, non è detto che i creativi debbano odiare i dati.

 

In secondo luogo, rivediamo i dati che abbiamo utilizzato per pianificare la campagna e definire il nostro pubblico:
rivediamo l'integrità dei dati: sono proprio quelli che ci servono o abbiamo bisogno di altre informazioni?
rianalizziamo la correlazione tra insight e dati: potremmo aver tratto delle conclusioni affrettate e imprecise;
scopriamo nuovi insight che non avevamo considerato: magari possono essere proprio i commenti negativi degli utenti a guidarci in questa direzione.

 

Parlavamo di 3 soluzioni al fallimento di una campagna, ma evidentemente sono molte di più: di sicuro, accusarsi a vicenda non è una di queste. Piuttosto, è importante tenere sempre d’occhio le metriche di business, quelle che contano davvero. E disinnamorarsi un po' delle vanity metrics.

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Andrea Ciulu

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